venerdì 20 settembre 2013

Io guardo le finestre

Quando cammino per strada, cammino a testa alta. Anzi, altissima. Ma al contrario di quello che potreste pensare, non lo faccio con sprezzante orgoglio o per una grande sicurezza in me stessa. Lo faccio perché amo guardare le finestre.

Se mi incrociate per strada, potrebbe capitare che non vi saluti perché sto guardando in alto. Perdonatemi, è più forte di me. Mi piace guardare attraverso le piccole fessure fra le tende, spiare un po' le vite degli altri. La sera, poi, con le luci accese è ancora più bello. Per non parlare dell'estate, quando, per il caldo, le finestre restano aperte e in molti casi si sentono anche le voci delle persone che vivono le case oggetto del mio voyeurismo. Mi piace immaginare quello che c'è dietro i vetri delle finestre, gli odori delle cucine, l'arredamento delle case, le musiche di sottofondo. Mi piace immaginarmi in quelle case, per vedere se sono belle o brutte come sembrano da fuori.
Ho camminato a testa alta per le strade di Roma e provincia, sentendo bambini piangere e mamme arrabbiarsi. Ho camminato a testa altissima a Parigi, immaginando i begli appartamenti agli ultimi piani dei palazzi haussmanniani (a malincuore, ho poi scoperto che quei begli appartamentini sono, in moltissimi casi, dei loculi infernali). Ho camminato a testa alta in Portogallo, ammirando gli azulejos e ascoltando le persone parlare quella splendida lingua. Ho camminato a testa alta per le strade di Locarno, sentendo voci che parlavano in italiano in un posto che Italia non è. Ho camminato a testa alta a Londra, immaginando piedi nudi che camminano su moquette blu.

A Parigi mi piace tanto prendere le linee della metro 2 e 6 perché passano su binari sopraelevati e mi permettono di guardare le finestre comodamente seduta sul mio sedile. Guardo, mi incuriosisco, immagino metrature quadre, arredamenti, profumi, famiglie.
Non amo quando dalle finestre si vedono le luci fredde da ufficio della Asl. Amo tanto, invece, quelle belle luci soffuse che scaldano gli ambienti e i cuori. E amo i panni stesi ai balconi, che donano tanto colore e mi permettono di immaginare anche come sono vestite le persone che abitano dietro quelle finestre. A Parigi, purtroppo, i panni non si stendono ai balconi. I palazzi devono restare “puliti” e ordinati. Quando torno a Roma è sempre una gioia veder svolazzare i panni quasi asciutti dalle finestre dei quartieri più popolari. In compenso, qui abbiamo grandi e lunghe finestre, tetti a 45 gradi con bei balconcini microscopici tanto romantici e ogni tanto ultimi piani con piccole cupole, come quella che vedo dalla finestra della mia camera da letto parigina.

Come a dire che ogni città ha le finestre che meglio rappresentano le personalità di chi vive lì, la familiarità delle case che si celano dietro di esse. Ed io mi chiedo ancora se preferisco i panni stesi sui balconi di Colli Albani o le luci soffuse delle finestre del 15° arrondissement.  



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