Quando cammino per strada, cammino a
testa alta. Anzi, altissima. Ma al contrario di quello che potreste
pensare, non lo faccio con sprezzante orgoglio o per una grande
sicurezza in me stessa. Lo faccio perché amo guardare le finestre.
Se mi incrociate per strada, potrebbe
capitare che non vi saluti perché sto guardando in alto.
Perdonatemi, è più forte di me. Mi piace guardare attraverso le
piccole fessure fra le tende, spiare un po' le vite degli altri. La
sera, poi, con le luci accese è ancora più bello. Per non parlare
dell'estate, quando, per il caldo, le finestre restano aperte e in
molti casi si sentono anche le voci delle persone che vivono le case
oggetto del mio voyeurismo. Mi piace immaginare quello che c'è
dietro i vetri delle finestre, gli odori delle cucine, l'arredamento
delle case, le musiche di sottofondo. Mi piace immaginarmi in quelle
case, per vedere se sono belle o brutte come sembrano da fuori.
Ho camminato a testa alta per le strade
di Roma e provincia, sentendo bambini piangere e mamme arrabbiarsi.
Ho camminato a testa altissima a Parigi, immaginando i begli
appartamenti agli ultimi piani dei palazzi haussmanniani (a
malincuore, ho poi scoperto che quei begli appartamentini sono, in
moltissimi casi, dei loculi infernali). Ho camminato a testa alta in
Portogallo, ammirando gli azulejos e ascoltando le persone parlare
quella splendida lingua. Ho camminato a testa alta per le strade di
Locarno, sentendo voci che parlavano in italiano in un posto che
Italia non è. Ho camminato a testa alta a Londra, immaginando piedi
nudi che camminano su moquette blu.
A Parigi mi piace tanto prendere le
linee della metro 2 e 6 perché passano su binari sopraelevati e mi
permettono di guardare le finestre comodamente seduta sul mio sedile.
Guardo, mi incuriosisco, immagino metrature quadre, arredamenti,
profumi, famiglie.
Non amo quando dalle finestre si vedono
le luci fredde da ufficio della Asl. Amo tanto, invece, quelle belle
luci soffuse che scaldano gli ambienti e i cuori. E amo i panni stesi
ai balconi, che donano tanto colore e mi permettono di immaginare
anche come sono vestite le persone che abitano dietro quelle
finestre. A Parigi, purtroppo, i panni non si stendono ai balconi. I
palazzi devono restare “puliti” e ordinati. Quando torno a Roma è
sempre una gioia veder svolazzare i panni quasi asciutti dalle
finestre dei quartieri più popolari. In compenso, qui abbiamo grandi
e lunghe finestre, tetti a 45 gradi con bei balconcini microscopici
tanto romantici e ogni tanto ultimi piani con piccole cupole, come
quella che vedo dalla finestra della mia camera da letto parigina.
Come a dire che ogni città ha le
finestre che meglio rappresentano le personalità di chi vive lì, la
familiarità delle case che si celano dietro di esse. Ed io mi chiedo
ancora se preferisco i panni stesi sui balconi di Colli Albani o le
luci soffuse delle finestre del 15° arrondissement.
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