Giorni trascorsi da quel 24 gennaio
2012: 1097
Paia di stivaletti acquistate da quel
24 gennaio 2012: 15. È
ufficialmente una patologia.
Tragitti in linea 8 con cambio a Opéra:
non calcolati
Traslochi effettuati: 3. Nella migliore
delle ipotesi, presto 4
Voli low cost presi per rientrare a
“Casa”: infiniti
Litri di vino rosé bevuti sulle rive
della Senna nei lunghi pomeriggi estivi parigini: almeno 50
Grandi amori finiti tragicamente:
molti, ma non abbastanza da perdere ogni speranza
Viaggi in ambulanza verso l'ospedale
circondata da aitanti pompieri: 1
Chilometri percorsi passeggiando per le
strade di Parigi: mai troppi
Buoni motivi per lasciare Parigi: molti
Buoni motivi per restare a Parigi:
comunque molti di più dei buoni motivi per lasciare Parigi
Sono 3 anni. Dovevano essere 3 mesi in
principio. Amen, io non li seguo mai i piani.
3 anni di Parigi. 3 anni di domande su
chi sono, cosa faccio, dove sto andando, perché sono qui. Le
risposte a queste domande iniziano a definirsi sempre più
chiaramente, grazie a Dio. E grazie a Dio, di domande ne subentrano
delle nuove. Non sarebbe una vita stimolante senza domande.
Sono 3 anni di Parigi. 3 anni da quella
caduta nei corridoi della metro a Denfert-Rochereau spingendo la mia
valigia più grande. Quella che è nascosta con grande cura dietro le
tende della mia camera. Perché ogni volta che la rivedo ricomincio a
farmi le stesse domande alle quali credo di aver iniziato a trovare
delle risposte. Quella valigia che non voglio vedere perché ogni
volta che l'ho usata, è stato per dare un cambiamento drastico
alla mia vita. E io di cambiamenti drastici dettati da una capiente
valigia da 40 kg, per ora non ne voglio più.
Quando i francesi mi chiedono se sto
bene a Parigi – et sinon, Paris ça te plaît? - ho ricominciato a
dire di sì. Sorridendo.
Questa è la città che mi si è aperta
davanti agli occhi poco per volta. Appena arrivata, notavo solo le
sue brutture. La miseria, la sporcizia, i cattivi odori, la pioggia,
la difficoltà di trovare un alloggio. Era Parigi che mi stava
studiando. Voleva vedere quanto volessi misurarmi con lei. Quando ha
capito che potevamo diventare buone amiche, ha deciso di sciogliersi
i capelli e lasciarsi andare. La pioggia ha lasciato il posto al
sole. Il Canal de l'Ourcq si è scongelato e ha iniziato ad invitarmi
per l'aperitivo alle 19. Le passeggiate in solitaria si sono
trasformate in un mosaico di facce familiari e amiche. Le cene
davanti ai telefilm in streaming, sono diventate calorose cene in
chiassosi bistrot. Le strette di mano di presentazione, sono
diventate gli abbracci di cari amici.
Esattamente un anno fa, però, io e
Parigi abbiamo attraversato un periodo difficile. Iniziavamo ad
essere stanche l'una dell'altra. Io mi guardavo intorno nell'ipotesi
di trovare una nuova città amica. L'ipotesi, però, è durata molto
poco. Ci siamo tenute il broncio per un po', ma poi ci siamo messe a
ridere e adesso siamo ancora più amiche di prima.
Parigi amica, sempre forte e fiera.
Ultimamente, però, ha mostrato il suo volto più fragile. Ancora
illuminata a feste natalizie, Parigi si è spezzata. Un blackout
intervallato da spari. I volti delle persone impaurite. I colleghi in
panico per i figli a scuola a Montrouge. Gli amici a pochi passi da
Porte de Vincennes. Le strade vuote. I militari con i mitra in mano nella
metro, nelle stazioni e vicino alle scuole. No, non è la guerra. Ci
sono realtà ben più tragiche di questa, lo sappiamo tutti. Ma
Parigi si è spezzata per un attimo. Ed è proprio nel momento in cui
scopri le fragilità di un'amica che ti rendi conto del bene che le
vuoi. Di quanto vuoi rimanerle accanto. Che ti rendi conto che speri che di anni
insieme ce ne saranno ancora tanti.
- Et sinon, Paris ça te plaît?
Sorride e guarda il boulevard dalla
finestra del bistrot. - J'adore.